Lambrusco Mantovano: quattro cloni, una DOC

Lambrusco Mantovano: quattro cloni, una DOC

Speciali ViniPlus
di Sofia Landoni
09 luglio 2023

Un vino che mostra la bellezza della pluralità di vitigni e delle interpretazioni che custodisce al suo interno. Tre lambruschi dominano il blend, altre tre varietà giungono in sostegno, ognuno con le proprie caratteristiche distintive. Tutti restituiscono la giovialità e la piacevolezza dei vini del Mantovano

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 24 Maggio 2023

Quella mantovana è una provincia che diluisce la linea di confine tra Lombardia ed Emilia Romagna. Afferisce geopoliticamente alla prima, ma risuona di pronunce, inflessioni e risate tipiche della seconda. Con l’Emilia il Mantovano condivide tradizioni gastronomiche e agricole, cui non fa eccezione quella vitivinicola. Il Lambrusco Mantovano DOC è un vino rosso, frizzante, soggetto a una rifermentazione - da effettuarsi nell’arco dell’annata - innescata dall’aggiunta di mosto d’uva. Prende vita dal vitigno lambrusco, presente qui in quattro delle sue varianti clonali, alcune condivise con i vicini emiliani, altre invece propriamente mantovane. Il protagonista della famiglia è certamente il lambrusco viadanese, che qui è meglio conosciuto come grappello ruberti. Ad esso fanno da spalla il lambrusco salamino, il lambrusco marani e il lambrusco maestri, ai quali possono essere aggiunti lambrusco grasparossa, ancellotta e fortana, nella quota massima del 15%.

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Della sua origine selvatica si vedono ancora tracce incancellabili, impresse nella sequenza genetica con una caparbietà che è resistita al tempo. Il maestri conserva un timbro rustico, tradotto in un tannino spesso rude e un’espressione aromatica che vira facilmente sulle note animali; il marani è invece il più acido, responsabile talvolta di caratteri d’asprezza; il ruberti invece coniuga la tempra della longevità con una peculiare, paradossale fragilità che coinvolge il legno della vite. I lambruschi sono uve solari, vocate all’allegria della tavola e alla compagnia della gastronomia grassa, a tendenza dolce e aromaticamente avvolgente. Il grappello ruberti, in particolare, ha assunto nel Mantovano il ruolo di portabandiera. «Il ruberti è un’uva ricca di colore, con un buon equilibrio tra acidi e tannini, che si presta alla vinificazione di prodotti eleganti e ben bilanciati” ci racconta Andrea Virgili, alla guida delle Cantine Virgili. Non solo ricchezza ed espansività, quindi, ma anche eleganza e finezza. «Noi, ad esempio, abbiamo scelto un metodo di vinificazione non propriamente tradizionale, in quanto congeliamo le uve a – 25°C per circa 13 minuti prima di passare alla fase di pigiatura. Questo passaggio ci consente di calibrare l’estrazione delle sostanze, di cui queste uve sono molto ricche». Altri, invece, scelgono di scommettere sulla longevità del grappello ruberti, facendo trasparire tutta la predilezione per questo vitigno. «Per noi il Ruberti deve attendere almeno 12 mesi in bottiglia» ci spiega questa volta Luciano Bulgarelli, Presidente della Cantina Sociale di Quistello. «Diamo modo al tannino di trovare il suo equilibrio grazie al tempo». Ognuno con il suo metodo, ognuno con il suo stile, poiché «i risultati organolettici del Lambrusco Mantovano – afferma ancora Andrea Virgili – dipendono moltissimo dai metodi e dagli stili di vinificazione». Si tratta quindi di uve con un certo lato camaleontico, in grado di farsi portavoce di un’espressione territoriale che basa le sue sfumature sulla tessitura limo-argillosa e sul medio impasto dei suoli. Su tutti, ovviamente, il grappello ruberti, che con la sua predilezione per la terra mantovana ha marcato un’ulteriore differenza dalla produzione emiliana. «Il Lambrusco Mantovano ha una colorazione più scura, una maggiore sapidità e una struttura più pronunciata rispetto a quello Emiliano» conclude Luciano Bulgarelli. «Per questo è il clone che, fra tutti quelli ammessi da disciplinare nella vinificazione del Lambrusco Mantovano, esprime meglio il nostro territorio”.