Lo chardonnay, il vitigno generoso ma che pretende rispetto

Lo chardonnay, il vitigno generoso ma che pretende rispetto

Speciali ViniPlus
di Ilaria Ranucci
02 luglio 2023

Nobile e generoso fino all’eccesso, diffusissimo nel mondo, lo chardonnay è uno straordinario interprete del terroir. In Lombardia si esprime in diverse versioni e denominazioni, anche ad alti livelli di qualità

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 24 Maggio 2023

Se lo chardonnay fosse un personaggio storico sarebbe l’imperatore Carlo V: sul suo regno non tramonta mai il sole. Dopo l’airén e su ben altri livelli di qualità, è il vitigno a bacca bianca più coltivato al mondo. Ha ascendenti nobili e uno dei genitori è il pinot nero. Impossibile non confrontarli. Il pinot nero viene bene solo quando vuole lui, lo chardonnay, invece, concede qualità sufficiente anche a rese elevate. Motivo della sua grande diffusione, anche se è più adatto a climi freddi e moderati. Sono due straordinari interpreti del terroir. Sono capaci di eccellenza, sia come vini fermi che come spumanti, ma raggiungerla concede poco margine di errore. Anche in Lombardia abbiamo aziende che si sono cimentate nella sfida, molte nella declinazione spumante, basta ricordare il ruolo primario che ha in Franciacorta. Ma abbiamo anche chi lo produce come vino fermo con l’idea di collocarsi sui gradini più alti della qualità.

Clicca sull'immagine per scaricare il PDFMaurizio Zanella di Ca’ del Bosco e Francesca Seralvo di Tenuta Mazzolino ci hanno raccontato la loro avventura con questo spettacolare vitigno. Oggi suona curioso, ma quando lo chardonnay è arrivato a Ca’ del Bosco, negli anni ‘60, era pinot bianco, almeno secondo il vivaista che lo aveva procurato. Ed è stato riconosciuto solo assaggiando le uve, ottime, e indagandone la diversità. Poi il suo ruolo nella produzione dei Franciacorta è esploso. Ca’ del Bosco produce un’etichetta di chardonnay fermo dal 1983, tra i primi in Italia. Lo spumante resta il core business della azienda e questa declinazione, amatissima, conta in tutto 13.000 bottiglie. Spostandoci in Oltrepò Pavese, se qui il pinot nero è di casa, lo chardonnay ha rappresentato per Mazzolino la libertà di trovare il proprio stile, guardando con convinzione alla Francia. Da quando il nonno di Francesca Seralvo ha rilanciato la tenuta a inizio anni ’80, su ispirazione di Luigi Veronelli e Giacomo Bologna, ha subito puntato alla qualità, con piena condivisione di Francesca, alle redini della azienda dal 2015. Per produrre un vino di alto livello dallo chardonnay nulla va lasciato al caso. Su questo c’è pieno accordo. Anche con il ricorso, sin da subito, a consulenti internazionali di livello per alzare l’asticella, André Tschelistcheff nei primi anni di Ca’ del Bosco per citarne uno leggendario. Comunque con l’indispensabile apporto di enologi italiani di vaglia e con profonda conoscenza delle specificità del territorio: Stefano Capelli per Ca’ del Bosco e Stefano Malchiodi per Tenuta Mazzolino. I modelli? Per i vini spumanti è chiaro da tempo che lo Champagne non lo può essere per la Lombardia. Troppo diverso e con una propria identità il nostro territorio, e molto diversi i volumi prodotti e i mercati. Per lo chardonnay vinificato fermo, invece, nessuno dei due intervistati ha avuto dubbio sulla fonte di ispirazione, anche perché condividono l’amore per la Borgogna e per uno stile che punta a longevità ed eleganza. Tenuta Mazzolino segue un approccio borgognone classico, fermentazione in barrique, affinamento sui lieviti e batonnage. Ca’ del Bosco pratica, come per gli spumanti, il lavaggio delle uve, che consente migliore estrazione, e vinifica in acciaio. Condividono l’uso calibrato del legno in maturazione, accuratamente selezionato e con tostature medie. Imprescindibile la scelta del terroir più adatto e la conduzione in vigna. Anche per limitare l’impatto della siccità e contrastare, in prospettiva, il riscaldamento climatico.