Versatile e straordinaria croatina

Versatile e straordinaria croatina

Speciali ViniPlus
di Anita Croci
09 luglio 2023

Chi l’associa soltanto alla Bonarda frizzante la conosce appena: la croatina è un vitigno eclettico dalle numerose declinazioni espressive, il cui enorme potenziale si esprime appieno solo nelle zone realmente vocate e con un’attenta e consapevole gestione del vigneto

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 24 Maggio 2023

Dalla piacevolezza fruttata delle versioni vivaci alle grandiose evoluzioni dei vini fermi. Per comprendere l’essenza della croatina abbiamo scomodato due tra le massime autorità in materia, sia per la storica intimità del rapporto uomo-vigna, sia per la costante eccellenza di vini che rivelano nei fatti le potenzialità di questa grande uva: Andrea Picchioni e i fratelli Cristiano e Sergio Agnes. «La croatina è un vitigno piemontese» rivela Andrea, in mano un timbro d’epoca con impresso “Stradella Piemont-Weine”. Se infatti dimentichiamo gli attuali confini amministrativi, ricordiamo che nel Settecento l’Oltrepò Pavese divenne proprietà sabauda, da cui il nome “Vecchio Piemonte”. Digressione storica che vale a determinare la diffusione della croatina: dal Novarese al Vercellese ai Colli Tortonesi, fino al Piacentino. In mezzo, il Pavese e soprattutto l’Oltrepò orientale, del quale rappresenta il cardine ampelografico. Se il Bonarda è infatti la denominazione più rappresentativa del vitigno, prevedendone una quota pressoché totalitaria, la croatina non può mancare nemmeno nel Buttafuoco come nel Sangue di Giuda e nell’Oltrepò Pavese Rosso; partecipando anche al vicino San Colombano Rosso, che ricade però sotto la provincia di Milano. Vini tra loro diversi, che declinano ciascuno a proprio modo le caratteristiche di un vitigno non semplice, votato alla riduzione – che spesso induce a preferire il cemento all’acciaio per la vinificazione – improntato al frutto, di spiccata dotazione tannica e bassa acidità. «La cosa più difficile da gestire è il grado alcolico – precisa Andrea - perché per avere tannini rotondi bisogna raccogliere l’uva a maturazione fenolica ottimale». Maturazione che non trattiene il pH, cui spesso sopperisce in uvaggio l’acidità del barbera; per quanto le vigne vecchie riescano a trasmettere ai vini non solo complessità aromatica, ma anche ricchezza e salinità, creando un eccellente equilibrio gustativo. «Parliamo di vitigno autoctono perché si è plasmato nel corso del tempo in una determinata zona, creandosi una sua ragione d’essere nel legame con il territorio» afferma Sergio Agnes, cultore di storia e tradizioni.

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«Da queste parti il materiale è sempre stato lavorato in loco, mantenendo anche da un punto di vista genetico un’identità con il proprio ambiente ». Ma quanto conta il DNA? «Ci sono diversi ecotipi e cloni – prosegue Cristiano – ma a definire le caratteristiche della pianta intervengono portainnesto, matrice dei terreni, esposizione, potatura, diradamento: la genetica è importante, ma sono il terroir e la gestione del vigneto a determinare la qualità dei vini». Dello stesso avviso Andrea: «bisogna riportare l’uomo nel vigneto». Dalla selezione delle gemme fino alla vendemmia, sono esperienza e manualità a decidere i risultati. Una gestione onerosa, che parte anche qui dalla propagazione del proprio materiale storico, innestato in campo su portainnesti fittonanti che radicano a fondo nei terreni sabbiosi e ciottolosi. Le concimazioni naturali aiutano a calmierare la siccità, che resta un problema solo nella gestione delle fallanze. Cristiano, che lavora sulle argille, per il rinnovo degli impianti si affida a portainnesti innovativi, di maggiore resistenza alla siccità e capacità di fotosintetizzare anche in condizioni estreme. «È veramente faticoso fare agricoltura oggi. Occorre solo capire se queste condizioni si sono modificate stabilmente o se invece rientreranno nella norma. Di certo in questi anni ci sono state variazioni sostanziali, che hanno portato a cambiare anche le operazioni colturali, con una raccolta più anticipata e una gestione diversa della chioma e del terreno».