I Colli di Asolo e il Montello: non solo Prosecco

I Colli di Asolo e il Montello: non solo Prosecco

Territori
di Anita Croci
31 luglio 2025

Un territorio, i Colli Asolani e il Montello, che nella valorizzazione del proprio Prosecco non ha dimenticato un’altra storia: quella dei tagli bordolesi e di un patrimonio ampelografico locale e autoctono da riscoprire

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 28 Maggio 2025

Asolo è un’affascinante città fortificata della provincia di Treviso, arroccata sulle dolci colline della Marca Trevigiana, tra la Pianura Veneta e le Prealpi Bellunesi. Rientra a pieno titolo tra i Borghi più belli d’Italia, con il suo centro storico dominato dalla Rocca, una possente fortezza medioevale che si erge sul Monte Ricco, dai cui spalti è possibile ammirare tutto il panorama circostante, spaziando dalle Dolomiti a Venezia. Per questo il Carducci la descrisse come “La Città dai Cento Orizzonti”.

TERRITORIO

I Colli Asolani sono una catena che si sviluppa in una serie di dossi e creste, alternati a piccole valli, sull’asse nordest-sudovest, a partire dalla riva destra del Piave sino al torrente Musone; dal paesaggio fortemente distintivo, tutto curve e pendenze, trasmettono fascino e armonia. Il Montello si distingue come un singolo rilievo compatto e massiccio che si estende tra Nervesa della Battaglia e Montebelluna, cinto a nord dal corso del Piave, i cui boschi di rovere erano gelosamente custoditi dalla Serenissima, che vi attingeva per il proprio Arsenale e dove oggi il bosco ricopre ancora il 30% del suolo. Questi due sistemi collinari, con altitudini comprese tra i 100 e i 450 metri, pur separati da una profonda incisione larga circa un chilometro, costituiscono un’unica entità geologica. Si tratta di grosse formazioni di conglomerato tenace costituito da rocce cementate tra loro e ricoperte da suolo marnoso-argilloso o marnoso- sabbioso, facilmente lavorabile e disgregabile dagli agenti atmosferici, dalla tipica colorazione rossastra che ne testimonia l’origine antica. I fenomeni carsici interessano tutta la zona, fratturandola in grotte e doline – ben duemila sul Montello! Più che scorrere a valle, quindi, le acque si incuneano in un dedalo di anfratti sotterranei e sgorgano da alcune suggestive sorgenti. La peculiarità climatica del territorio consiste nella mitezza delle stagioni, dovuta alla favorevole esposizione a sud dei versanti vitati e alla disposizione ortogonale dei rilievi rispetto ai venti freddi di nord-est. Questo permette di sostenere i precoci germogliamenti primaverili e, in estate, di sviluppare in modo graduale la maturazione. Gli autunni sono caldi e secchi, caratterizzati da forti escursioni termiche giornaliere, a vantaggio degli esiti vendemmiali. Anche le precipitazioni si distribuiscono piuttosto regolari da aprile a settembre, assorbite rapidamente dalla natura sciolta del terreno.

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STORIA

La presenza e lo sviluppo della vite tra i Colli Asolani e il Montello si deve ai monaci benedettini prima e alla presenza della Repubblica di Venezia poi. Intorno all’anno Mille, i benedettini si insediarono nel Monastero di S. Bona a Vidor e nella Certosa del Montello a Nervesa. Le loro conoscenze e il loro operato determinarono significativamente l’agricoltura, imprimendo le radici di una vocazione enoica secolare che i Veneziani raccolsero e specializzarono ulteriormente nel Trecento. Con la Serenissima, già dal Quattrocento i vini asolani raggiunsero i mercati esteri, mentre a Venezia arrivarono a insediare il prestigio di quelli importati dalla Grecia, venendo tassati un terzo in più degli altri e diventando un prodotto elitario che conquistò la nobiltà. La storia moderna è affidata a quella delle denominazioni: nel 1977 il riconoscimento della Doc “Montello e Colli Asolani”, da cui poi dipartiranno nel 2009 la DOCG “Colli Asolani - Prosecco” o “Asolo - Prosecco” e nel 2011 la Docg “Montello rosso” o “Montello”. Determinante per questo processo di sviluppo è stata l’attività del Consorzio Vini Asolo Montello, che oggi festeggia i suoi primi quarant’anni. Tra i suoi traguardi, il riconoscimento delle due Docg e della sottozona di Venegazzù nella Doc. Ha inoltre promosso la zonazione, presentata nel 2012, per analizzare le specifiche vocazionalità del territorio rispetto alle sue varietà più rappresentative, ottimizzandone gli impianti. Inoltre, la sensibilizzazione alla salvaguardia ambientale, con uno specifico metodo agronomico che fa da riferimento alla filiera e con la valorizzazione delle biodiversità, che ha centrato l’attenzione sulle varietà locali.

L’ASOLO PROSECCO

Se la zona offre tanti vitigni e tipologie, la parte del leone spetta indubbiamente alla glera e al Prosecco, con i 2200 ettari dell’Asolo Prosecco sui 2700 totali delle denominazioni, oltre 32 milioni di bottiglie prodotte nel 2024 e una tendenza molto positiva anche nel primo trimestre di quest’anno. Nonostante l’impatto numerico appaia significativo, rapportato all’universo Prosecco l’Asolo Docg rappresenta una piccola quota: i dati ISMEA sugli ettolitri imbottigliati – purtroppo fermi al 2020, oggi aumentati di molto – rilevano che per l’Asolo furono meno di 140 mila contro gli oltre 690 mila del Conegliano Valdobbiadene Docg e i 3 milioni del Prosecco Doc. La glera è l’uva più rappresentativa della provincia di Treviso, sua zona storica di elezione, per quanto negli ultimi trent’anni il successo del Prosecco ne abbia garantito una larga diffusione in tutto il Veneto e nel Friuli Venezia-Giulia. Le sue caratteristiche, sia in termini di coltivazione che di potenziale in vinificazione, ne hanno consacrato la vocazione alle versioni spumante e frizzante, in particolare qui dove i suoli sono prevalentemente marnosi e sciolti, con una buona dotazione di calcare e l’inversione termica determinata dai rilievi montuosi si accentua tra la media e la bassa collina, favorendo la sintesi dei terpeni e dei composti benzenici responsabili dei sentori primari più freschi, di frutta bianca, agrumati e floreali, tipici del vitigno.

IL MONTELLO DOCG E L’ASOLO MONTELLO DOC

Come detto, a differenza di altre zone, indirizzate a una stretta specializzazione anche per economia di mercato, l’espressione vitivinicola dell’areale asolano è tutt’altro che monovarietale, saldamente ancorata a una tradizione che non rinuncia ai suoi vini fermi, sia bianchi che rossi, e a una pluralità di vitigni, sia internazionali che locali. La Docg Montello è riservata ai vini rossi a base cabernet sauvignon, coadiuvato da altre uve tipiche del taglio bordolese quali il franc, il merlot e il carmenère; la sosta in rovere è d’obbligo e piuttosto prolungata, specie nella versione superiore, cui si affidano le espressioni più ambiziose. A raccogliere la platea più variegata di vini rossi e bianchi, da assemblaggio o monovitigno, in prevalenza fermi ma anche spumanti, ci pensa la Doc Asolo Montello. I bianchi beneficiano delle condizioni pedoclimatiche già descritte per la glera, che esaltano le caratteristiche di altri vitigni “nordici” come il Manzoni bianco e il pinot bianco. Le uve rosse occupano i versanti esposti al sole, protetti dai venti freddi; la lenta maturazione favorisce una vendemmia equilibrata, a supporto di un ottimo sviluppo fenolico, fattore assai rilevante per le varietà di bordolesi. Il disciplinare indentifica una sottozona: Venegazzù, frazione del comune di Volpago del Montello, ai piedi dell’omonimo rilievo che la ripara dai venti freddi. La felice posizione unita ai terreni rossi, argillosi e ricchi di ossido di ferro, innestati su matrice calcarea tipici della zona, ne determina il particolare pregio. Parlando di Venegazzù è doveroso citare il ruolo di Giancarlo Palla della Loredan Gasparini nel contribuire alla crescita delle potenzialità vinicole del territorio e di questo specifico cru, dove affonda le radici il celeberrimo Capo di Stato.

La denominazione include inoltre uve locali, come la bianchetta (trevigiana), citata fin dal Cinquecento e utilizzata per “ingentilire” il Prosecco soprattutto nelle annate fredde in quanto, essendo più precoce della glera, arrivava a piena maturazione quando l’altra stentava a completarla. Come vitigno autoctono a bacca rossa si impone invece la recantina, coltivata da tempo remoto nella provincia di Treviso e citata nel 1600 dall’Agostinetti tra le migliori varietà trevigiane perché i suoi vini “non hanno bisogno di concia e si conservano senza problemi”. Germoglia piuttosto precocemente; alla maturazione medio-tardiva sfoggia acini blu-nero dalla buccia spessa e pruinosa, che la rendono scarsamente suscettibile alle malattie e resistente alla botrite. I recenti studi mirati a ottimizzarne le eccellenti potenzialità hanno portato la recantina al centro del progetto di valorizzazione de I vini del Montello da parte Consorzio, nell’ottica di una comunicazione sempre più identitaria di questo splendido territorio che ha moltissimo da offrire, e non solo in ambito vino.