Gradi: il vino italiano e i tempi del cambiamento climatico

Gradi: il vino italiano e i tempi del cambiamento climatico

Attualità
di Sara Missaglia
17 gennaio 2025

La FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, e Will Media hanno realizzato un docufilm che racconta il cambiamento climatico e gli impatti sul mondo del vino. È stato presentato in anteprima alla stampa, disponibile sul canale YouTube di Will Media.

Un viaggio lungo l’Italia, con tre cantine che raccontano come stanno vivendo il cambiamento climatico: a latitudini diverse le tre realtà affrontano con modalità differenti i problemi legati alle difficoltà climatiche degli ultimi tempi, ma con unico punto fermo: quello di non volersi allontanare dalla propria sede di origine, di lavoro e di vita. Sono le Cantine Pupillo di Carmela Pupillo in Sicilia, la cantina ARPEPE In Valtellina con Emanuele, Isabella e Guido Pelizzatti Perego e la Cantina Giovanna Madonia di Miranda Poppi e Gennaro Cirillo in Emilia. Con loro, anche le testimonianze e le voci di Stefano Lorenzi, direttore di Castello di Grumello ed esperto di agroforestazione, e Lorenzo Costa, imprenditore agricolo ed esperto di permacultura e gestione dell’acqua. Non sono attori e interpretano ciò che vivono e fanno e, soprattutto, rivendicano la necessità di trovare con urgenza soluzioni che possano affrontare le evoluzioni che riguardano il Pianeta. Da Siracusa alla Valtellina, passando per le colline romagnole, da un lato il docufilm trasmette una serie di immagini che testimoniano lo stato dell’arte, e dall’altro si pone in modalità ascolto per accendere i riflettori su quelle che possono essere soluzioni praticabili legate ad adattamento e mitigazione.

La presentazione

L’Italia nel 2023 ha perso il primato nella produzione mondiale di vino, ma rimane comunque il secondo produttore al mondo, anche se la vendemmia del 2023 è stata la più bassa dal dopoguerra, con un calo del 23,2% rispetto all’anno precedente. A fronte di questi cali ci sono viticoltori che potrebbero decidere di abbandonare l’azienda e cambiare strada, in Sicilia come nel centro Italia. C’è tuttavia chi non si arrende. A loro è dedicato questo lavoro, alla loro forza e al loro impegno costante. In sala, oltre a Lorenzo Cesconi, vignaiolo e Presidente Fivi, anche l’Assessora all'Ambiente e Verde del Comune di Milano Elena Grandi, che così commenta il film: «si tratta di un lavoro straordinario, da una parte intenso e dall’altra lucido e propositivo: sappiamo perfettamente dove e come stiamo vivendo il cambiamento climatico, nella consapevolezza tuttavia che l’impatto sul mondo dell’agricoltura e, soprattutto, su quell’eccellenza straordinaria che è la produzione di vino in Italia, meriti di essere tutelata e valorizzata, a maggior ragione per i produttori indipendenti. Ascoltare questi giovani produttori che dalla Sicilia all’Emilia-Romagna, passando per La Valtellina, raccontano delle loro difficoltà e di come i cambiamenti climatici si stiano manifestando in modo dirompente e con effetti che sono anche visibili nelle nostre città con tempeste alternate a siccità, significa comprendere la fatica estrema di un produttore di vino. Le vendemmie vengono fatte sempre prima, i suoli sono diventati impermeabili, è necessario trovare il modo per ombreggiare i grappoli d’uva che maturano troppo presto e che producono vino eccessivamente alcolico, quando il consumatore si è abituato a bere vini con una gradazione più contenuta. Il bello di questo documentario è che, pur affrontando il problema, mantiene una parola lieve. Questa lievità consentirà di riprenderci, di essere più ottimisti e di provare a mettere a terra azioni utili per tutti, nella consapevolezza di quanto sia necessario accelerare per fermare l’effetto dei cambiamenti del clima». 

Il docufilm

Siccità e alluvioni: la produzione del vino sembra essere minacciata dal cambiamento climatico. Tra le tante soluzioni c’è lo spostamento della viticoltura sempre più a nord e in alta quota. Il film, che vede come autrice e narratrice Giulia Bassetto, come filmmaker Olga Galati e come producer Ottavia Pertici, si interroga se questa sia l’unica via possibile per adattarsi al clima che cambia e continuare a produrre vino in Italia. Le prime immagini del film partono da Siracusa, in Sicilia, a ottobre, quando la vendemmia è terminata da circa due mesi, in piena estate. La vendemmia 2014, racconta Carmela Pupillo, è iniziata il 15 luglio con la raccolta della base spumante, per terminare il 15 agosto. Carmela è la proprietaria di questo vigneto, e fa parte della terza generazione che prosegue l’attività di famiglia: «oggi teniamo le vigne rigorosamente coperte, perché altrimenti le ustioniamo. L’aumento delle temperature dagli anni ‘80 è stata una cosa progressiva e velocissima. Gli anni dal 2022 al 2024 sono stati il periodo in Sicilia in cui siamo stati profondamente segnati dalla siccità. Non piove a Siracusa da febbraio 2022». Abbiamo tutti a mente le foto di laghi prosciugati, i video sui social e i titoli di giornale che parlavano di desertificazione della Sicilia. Alcuni studi confermano che questa particolare siccità è stata resa il 50% più probabile a causa del riscaldamento globale causato dalle attività umane. La produzione, prosegue la viticoltrice, si è dimezzata anche per effetto degli incendi e quindi, per il secondo anno, si sono registrate perdite di produzioni importanti.

Dalla Sicilia si passa all’Emilia, in provincia di Forlì, con Miranda Poppi e Gennaro Cirillo di Cantine Giovanna Madonia: le prime immagini sono delle zone che a maggio 2023 e, nuovamente, a settembre 2024, sono state colpite dall’alluvione. Sono ancora perfettamente visibili le frane e gli smottamenti del terreno. Un suolo fragile e colpito dagli elementi climatici estremi. Qui Miranda e il suo compagno Gennaro si prendono cura di 14 terreni in una delle colline romagnole a circa 300 metri sul livello del mare. «In due giorni e mezzo sono caduti 350 mm d’acqua, non si era mai visto a ridosso della raccolta tanta acqua», commenta Miranda. Essendo in collina, la sua azienda non è mai stata allagata come altre della regione. Però, anche qui, gli impatti di un clima che cambia sempre più velocemente si sono fatti sentire. Negli ultimi anni le zone hanno visto alternarsi momenti di grande siccità a momenti di piogge estreme e improvvise grandinate e vere e proprie alluvioni, che hanno causato una forte erosione del terreno: frane, smottamenti, erosione lungo i filari, dove l’acqua si incanala e scivola via, rischiando di portare con sé anche le piante. Miranda racconta che negli ultimi anni è sempre più difficile produrre: «è cambiata sia la quantità sia, probabilmente, anche la qualità. La quantità sicuramente, perché negli ultimi anni abbiamo avuto veramente scarse produzioni. Con l’alluvione c’è stato un innalzamento del livello di malattie, come la peronospora, che hanno comportato la presenza di minore uva in pianta. Un’uva di qualità, a dire la verità: anche se è difficile, riusciamo a mantenere degli standard abbastanza alti. L’idea non è quella di spostarci, ma di valorizzare il nostro territorio. Questo per noi è fondamentale, più della nostra stessa azienda».

E di questo passo si arriva in Valtellina, con la cantina ARPEPE, che da oltre centocinquant’anni coltiva il nebbiolo a una quota media di circa 600 metri sul livello del mare, dove i vigneti si inerpicano in un territorio unico e molto diverso da quello della Sicilia o dell’Emilia. È quello dei terrazzamenti, dei muretti a secco, la cui storia, come la vita, ha radici molto profonde. Sono opere di architettura, di ingegneria e di bellezza, d’insieme e di genio, riconosciute nel 2018 dall’UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

Emanuele Pelizzatti Perego - ARPEPE

Così Emanuele Pelizzatti Perego: «qui la manutenzione e la coltivazione del terrazzamento è il prerequisito fondamentale per evitare una serie di disastri idrogeologici, perché è ampiamente dimostrato che, dove c’è abbandono di aree terrazzate, prima o poi, con il tempo, gli smottamenti sono altamente probabili». In queste zone è praticamente impossibile arrivare con i trattori ed è per questo motivo che vorrebbero utilizzare i droni. «Il trattamento fitosanitario nel vigneto, fatto totalmente a mano, è comunque una lavorazione veramente impattante, perché l’uomo è letteralmente dentro il vigneto», prosegue Emanuele: «con i doni riusciremmo ad avere innanzitutto un risparmio idrico importantissimo. All’incirca con il 10% di acqua riusciremmo a trattare la stessa superficie in un tempo molto più veloce, realizzando questa lavorazione nei periodi ideali, ovvero al mattino molto presto o la sera, paradossalmente anche di notte”. Oggi, tuttavia, non è possibile utilizzare i doni per questi scopi. Il percorso che si sta cercando di avviare è di riuscire ad ottenere una deroga permanente sui territori a forte pendenza, come possono essere i territori montani, per valutare in seguito l’utilizzo anche in altre zone. Anche In Valtellina ci si sta accorgendo del fatto che il passaggio da un periodo siccitoso ad uno di forte pioggia comporta conseguenti smottamenti preoccupanti. Le piogge molto forti e persistenti mettono in difficoltà il sistema dei muretti a secco, che hanno sì capacità drenante, ma che una pioggia molto forte può compromettere. «Non avevo mai visto andare in stress le viti vecchie, e nel 2022 le ho viste patire veramente la siccità. Per quanto riguarda la protezione dei raggi solari da una forte insolazione anche noi utilizziamo l’inerbimento completo e l’ombreggiamento dei grappoli: andiamo a tenere una mezza ombra di fatto fino a un paio di settimane, tre al massimo prima della vendemmia. E solo prima della vendemmia apriamo quasi completamente per favorire la raccolta e l’asciugatura», conclude Emanuele Pelizzatti Perego.

Il problema della monocultura

Un altro tema importante riguarda la monocultura. Così Stefano Lorenzi: «la definizione di monocultura è abbastanza semplice e si traduce nella schiavizzazione di un territorio che ospita una sola specie vegetale. Ci saranno quindi insetti che vanno solo su quella specie, così come gli impollinatori e gli uccelli. Questo comporta la semplificazione dell’ambiente. Nella realtà complicare l’ambiente con una coltura diversificata aiuta a coltivare meglio e ad avere meno patogeni». La lezione di Stefano Lorenzi è che, se ragioniamo da un punto di vista sistemico trasformando la monocultura e integrandola con varietà diverse, potremo generare una gestione del territorio diversa, in chiave di assunzione di maggiore responsabilità anche sulla visione futura del territorio. L’uso di siepi, cespugli e alberi aiuta anche a mitigare gli effetti degli eventi climatici estremi: le radici migliorano la permeabilità del terreno e riducono l’erosione, trattenendo l’acqua e la sostanza organica. In questo modo il suolo permane più vivo e quindi in grado di rispondere meglio ai periodi di siccità o a quelli di piogge intense. Una corretta gestione dell’acqua potrebbe consentire di contenere i danni causati da piogge persistenti, andando invece a reidratare il suolo e stimolando i microrganismi e le radici, grazie all’umidità. Una visione sistemica globale, sottolinea Lorenzo Costa nel suo intervento, potrebbe apportare soluzioni più efficaci e adattabili ad ogni contesto.

Stefano Lorenzi - Castello di Grumello

La chiusura è di Lorenzo Cesconi, che sintetizza il messaggio del docufilm: «mio nonno diceva sempre che in agricoltura il 100% non esiste. Noi abbiamo a che fare col mondo vivente, che non è una macchina che si accende e produce come vorremmo noi, ma ci sono una quantità di variabili che fanno sì che noi viticoltori siamo destinati e abituati alla tribolazione. Ci siamo accorti che, negli ultimi tempi, le variabili si sono veramente intensificate e non riusciamo a tirare una riga, né a dire che l’Italia è accomunata dalle medesime problematiche: c’è chi ha troppa acqua e chi ne ha troppo poca, chi ha un patogeno, chi ne ha un altro e così via. Non possiamo avere una strategia valida per tutti, né esistono ricette applicabili universalmente. Dobbiamo recuperare in buona misura il sapere di un tempo che sapeva fare meno, ma con un valore intrinseco superiore, e abbandonare quel modello che spinge soltanto l’incentivo della produzione, tralasciando quello qualitativo. Mi auguro che questo documentario faccia riflettere prima di tutto su ciò che possiamo fare noi per migliorare la qualità del nostro lavoro e anche il margine di successo che possiamo avere per stare sul mercato. Abbiamo a che fare con problematiche di mercato, di evoluzione e di calo dei consumi degli alcolici, e un’onda salutistica che demonizza il vino come bevanda alcolica; abbiamo a che fare con un sistema complesso, ma abbiamo la consapevolezza che possiamo fare meglio. E anche il dovere di farlo, per tutelare le generazioni future».

Le storie di Carmela, Miranda ed Emanuele sono anche le storie di altre migliaia di artigiani del Vino i quali, nonostante le difficoltà climatiche ed economiche, mantengono vivo il legame con il proprio territorio, che è parte integrante della loro identità. Non esistono soluzioni facili, ma esistono quelle giuste. Non è sufficiente spostare la produzione di vino più a nord o iniziare a utilizzare nuovi prodotti fitosanitari, perché ognuna di queste soluzioni comporterà nuove difficoltà, come l’abbassamento della biodiversità o l’alterazione dell’equilibrio ambientale e paesaggistico. Si tratta di uno sforzo enorme, ma è l’unica strada da percorrere per un sistema produttivo e socioeconomico rispettoso dell’ambiente, equo, sano e democratico. La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti è un’organizzazione senza scopo di lucro che raccoglie oggi circa 1800 produttori associati in tutte le regioni italiane.

Enozioni 2025 ha in programma per il prossimo 2 febbraio un grande banco di degustazione per incontrare le cantine FIVI della nostra regione con una importante proposta di degustazione: un modo per conoscere l’organizzazione e i produttori, i loro valori e il loro impegno quotidiano, orientato alla custodia, alla tutela e alla promozione del territorio a cui sentono di appartenere

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