La Champagne limita le rese massime 2025

La Champagne limita le rese massime 2025

La Francia in presa diretta
di Samuel Cogliati Gorlier
25 luglio 2025

La cosiddetta “appellation” è stata fissata a 9.000 kg/ettaro, una soglia particolarmente bassa, riflesso della crisi generale

Il Comité interprofessionnel du vin de Champagne ha deciso: la vendemmia 2025 autorizzerà “appena” 9.000 kg d’uva per ettaro. Le eccedenze, a loro volta contingentate per legge, non potranno essere spumantizzate fino a nuovo ordine. Molto raramente il Civc aveva fissato rese così basse (era successo durante la crisi del Covid).

In Champagne il tetto massimo delle rese fluttua di anno in anno. A determinarlo sono le vendite dell’anno precedente e l’andamento del primo semestre dell’anno in corso. Nel 2024 le spedizioni sono state basse (271 milioni di bottiglie, ben sotto i 300 milioni cui erano ormai abituati gli champenois; previsioni analoghe per il 2025). Questa tendenza ha condizionato la decisione agronomica del prossimo raccolto, che equivale a un potenziale di circa 258 milioni di bottiglie, segno che la filiera si aspetta una stagnazione delle vendite anche nel futuro prossimo.

«Il coefficiente istantaneo delle giacenze della filiera – scrive il Civc – raggiungerà 4,8 anni il 31 luglio. Con un tale livello il modello champenois non è più efficiente. Pertanto i récoltants e i négociants si impegnano fin da questa campagna in una logica di riduzione degli stock». Tradotto: c’è troppo champagne in magazzino (pari a quasi 5 anni di vendite), e questo impatta sul rapporto domanda/offerta, rischiando di fare implodere il mercato. Una vendemmia generosa, prevista a fine agosto, non farebbe che aggravare la situazione.

Questo provvedimento è funzionale per gli attori della filiera che dispongono di riserve importanti, in particolare maisons e coopératives. Un discorso in parte diverso va fatto per i piccoli vignaioli. Quelli ben affermati in una strategia di qualità non traggono vantaggio dalla riduzione delle rese perché hanno raramente invenduti (per loro si profilerebbe una deroga di acquisto di uve fino al 15%). I viticoltori che non vinificano ma vendono le loro uve al négoce hanno svantaggi, nell’immediato, dal vedersi autorizzare un raccolto più magro. Molti di essi temono anche un calo del prezzo dell’uva (peraltro balzato a livelli sconsiderati negli ultimi anni). Il mese scorso, Christine Sevillano, presidente dei Vignerons indépendants de Champagne, aveva auspicato rese di 10.500 kg.

Il Civc parla di un contesto di «instabilità geopolitica ed economica», di «previsioni complesse» e della necessità di agire con «prudenza». Come che stiano le cose, la decisione non fa che confermare lo stato di sofferenza che ormai colpisce anche la Champagne, fino a poco fa considerata una sorta di oasi protetta dalla crisi mondiale. •