“Rivoluzione cocktail” per la grappa

Non solo vino
di Maurizio Maestrelli
07 agosto 2025
Il distillato italiano per antonomasia sta giocando le sue carte in maniera sempre più decisa anche nel mondo della mixology. Non tutte le grappe si prestano alla miscelazione ma il mondo dei bartender può dare slancio a questo consumo
Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 28 Maggio 2025
Il tempo nel quale la grappa sembrava essere solo tradizione e identità appare ormai molto lontano. I due concetti non sono stati cancellati, ovviamente e per fortuna, ma erano allo stesso tempo, ammettiamolo, dei pilastri e delle ancore. Ancore che, alla lunga, limitavano l’appeal del distillato nazionale per antonomasia. Tuttavia da ormai almeno due decenni la grappa sembra essersi scrollata di dosso quell’alone di vetustà che un po’ la relegava al rito del dopo cena e questo, va sottolineato, si deve al grande lavoro che è stato fatto un po’ da tutti i distillatori sparsi nella penisola che hanno saputo lavorare sulle caratteristiche organolettiche del prodotto, percorrere con successo la strada degli invecchiamenti, “giocare” sull’enorme patrimonio dei vitigni italiani, accelerare i tempi di arrivo delle vinacce agli alambicchi. Oltre che migliorare il packaging e comunicare in maniera più efficace il prodotto, cercando nuove strategie di marketing e lavorando anche sul piano della formazione. Eppure anche così il pubblico più giovane sembrava ancora essere distante dal consumo di grappa, un po’ snobbata a dire il vero a favore di gin, vodka, rum, tequila e whisky. Ma qualcosa sta cambiando. Si avverte nell’aria. E lo si vede nei bar. Già, i bar. Perché se il consumo al ristorante o quello casalingo sembravano essere, fino all’altro ieri, le due uniche strade da percorrere, oggi nei cocktail bar italiani vedere qualche bottiglia di grappa non è poi così strano. C’è da chiedersi cosa stia succedendo e infatti noi ce lo siamo chiesti. In primo luogo è sotto gli occhi di tutti come il mondo dei bar e della mixology stia attraversando una sorta di rinascimento con una nuova generazione di bartender che stanno ridando lustro a un mestiere nel quale l’Italia ha sempre potuto vantare dei veri e propri campioni che, tuttavia, sono stati per lungo tempo confinati nei bar dei grandi hotel di lusso, a torto o a ragione, fuori dal target del pubblico più giovane e finanziariamente meno solido. Questa “new generation” invece i cocktail bar li apre “sulla strada”, con un’atmosfera meno esclusiva e più includente, con un servizio ineccepibile ma allo stesso tempo informale. È anche per questo motivo, oltre alla misteriosa e imprevedibile ciclicità delle mode, che si spiega a nostro avviso il successo clamoroso del gin, la solida attrazione per la vodka, il recupero dei rum bianchi, la crescita dei distillati di agave. Tutti distillati che viaggiano per l’appunto nell’effervescente miscelazione.
La grappa, per rilanciarsi verso il pubblico più giovane, doveva allora varcare la soglia dei bar. Tanto per fare un esempio che a noi appare indicativo, si prenda il pisco: distillato di vino, nato in Perù, con un disciplinare rigoroso ma che nessuno, peruviani a parte, consuma liscio e che tuttavia trova la sua forza, sul piano internazionale, in alcuni cocktail noti come il Pisco Punch, il Chilcano e, soprattutto, il Pisco Sour che addirittura ha, ogni primo sabato di febbraio, il suo giorno di festa ovvero il Pisco Sour Day. Celebrato in Perù ma pure in tutto il mondo. Anche alla grappa serviva un cocktail bandiera, qualcosa cioè che fosse capace di avvicinare i palati più giovani per un sorso che fosse allo stesso tempo piacevole, attraente ma anche privo di quelle rigidità e di quella vetustà che la grappa, con la sua storia fatta di alpini e montagne (che nessuno vuole negare o disprezzare sia chiaro), sembrava portare sulle sue spalle come uno zaino.
È vero, ci sono state resistenze e perplessità, anche da parte degli stessi produttori, ma alla fine una breccia è stata aperta e quando, nel 2020, un cocktail con la grappa ha fatto il suo ingresso nella cocktail list ufficiale dell’IBA, International Bartenders Association, una specie di ONU dei bartender, si è capito che le cose potevano cambiare. Il Vento, o come si dovrebbe scrivere Ve.N.To in quanto acronimo di Veneto e Trentino, è un cocktail sour creato nel 2019 da due, ovviamente, bartender italiani: Samuele Ambrosi e Leonardo Veronesi con il “patrocinio” di Giorgio Fadda, al tempo presidente IBA e Leonardo Pinto, formatore nonché fondatore di Grappa Revolution. Innumerevoli le prove perché, naturalmente, non tutte le grappe si prestano alla miscelazione ma il duo alla fine è riuscito nella quadratura del cerchio con un drink snello e piacevole nel quale compare una grappa bianca morbida, del succo di limone fresco, dell’honey mix e del cordiale alla camomilla. A onor del vero il Vento non è stato il primo cocktail a base di grappa della storia.
La famiglia Nonino, abitualmente all’avanguardia nelle sperimentazioni e nell’intuire dove sta andando il mercato, lo aveva capito già quarant’anni fa. Nel 1981 infatti Rizzoli pubblicava un libro intitolato “I cocktails” a firma di Luigi Veronelli dentro il quale apparivano il Giannola Keel e l’Antonella Cobbler, due drink miscelati con la grappa della distilleria friulana. La quale poi continuava a “battere il ferro” lanciando, nel 2007, la prima Nonino Cocktail Competition, collaborando con bartender famosi come Salvatore Calabrese, Simone Caporale, Alex Kratena e Monica Berg, proponendo al mercato, nel 2014, il NoninoTonic, risposta con grappa al GinTonic. Sulla strada aperta dai Nonino poi si sono mosse altre aziende del comparto: sul sito di Grappa Revolution si trovano infatti le ricette del Royal Season, con grappa Domenis 1898, l’Holly and Jim (Distillerie Bertagnolli), il Roner Sazerac (Roner), il G-Punch (Distilleria Marzadro). Il veneto Roberto Castagner, fondatore dell’omonima distilleria, ha addirittura firmato, insieme a un team di dodici bartender, una grappa, Casta, pensata apposta per la miscelazione.
Alcuni dei cocktail con la grappa sono delle rivisitazioni di classici inizialmente fatti con distillati diversi, altri però sono delle creazioni nuove, a testimonianza del fatto che il mondo del bartending è sempre più seguito dai distillatori. E che il trend, dunque, non è una semplice speculazione di osservatori e comunicatori. Ma il tassello che ancora mancava era però proprio il Vento che, installandosi nell’esclusiva selezione IBA, si è guadagnato il ruolo di bandiera della grappa in miscelazione, se non altro perché la cocktail list IBA viaggia in tutti i paesi, e sono ormai quasi un centinaio, dove esiste un’associazione di bartender. Chissà, magari anche Vento, come il Pisco Sour, avrà primo o poi il suo “giorno di festa”.
ASSAGGI & RICETTE
Negli ultimi anni ci siamo trovati a più riprese a scegliere cocktail con la grappa. Inizialmente per curiosità, poi per vera e propria ricerca del piacere ormai convinti che, sapendo gestirla, la grappa ha davvero notevoli potenzialità dentro uno shaker o un mixing glass.
Prendiamo ad esempio il Ve.N.To. Ecco come si realizza il drink: 45 ml di grappa bianca morbida, 22,5 ml di succo di limone, 15 ml di honey mix (una semplice infusione di miele in acqua tiepida, in rete si trovano tutte le indicazioni), 15 ml di cordiale alla camomilla. Va shakerato.
L’Italiano di Nonino prevede invece 25 ml Nonino Monovitigno Moscato, 15 ml di cordiale Neroli e 85 ml di ginger ale. Lo si prepara direttamente nel bicchiere, un tumbler alto.
Da provare anche il From Lima to Bassano firmato Distillerie Poli con 50 ml di UvaViva Rossa Poli, 20 ml di acqua, 20 ml di succo di lime, 4 cucchiaini di zucchero e 30 grammi di ananas pestato. Da shakerare. Oppure il G-Punch di Distilleria Marzadro con 45 ml di grappa Anfora Marzadro, 10 ml di sciroppo di zucchero, 5 ml di succo di lime. Si prepara direttamente nel bicchiere, in questo caso un old fashioned.